La depressione è una condizione psicologica che può presentarsi in ogni età della vita, dall’infanzia all’adolescenza all’età matura, anche se in modo diverso. Aspetti comuni sono l’apatia, cioè l’indifferenza verso ogni attività o persona, e l’anedonia, che è la perdita della capacità di provare piacere.
Nell’adolescenza è necessario però non confondere la condizione di depressione, che è patologica e che comprende altri sintomi oltre a quelli riportati sopra, dalla dolorosa e spesso triste riflessione su di sé e il senso dell’esistenza che è abbastanza consueta in questa fase della vita. Detto altrimenti, non tutti gli adolescenti sono depressi.
Oltre all’apatia e all’anedonia che lo spingono a vedere tutto come privo di senso e inutile, l’adolescente depresso sente dentro di sé una tristezza lancinante, un “umor nero”.
La perdita d’interesse per qualsiasi cosa si alterna a volte a improvvisi entusiasmi per le attività più banali o alla ricerca frenetica di stimoli nuovi che lo scuotano dal torpore.
Spesso si dice stanco, con le pile scariche, anche se ha dormito parecchie ore e soffre di cefalea o di mal di pancia. Mangia poco e nelle ragazze si può configurare un disturbo del comportamento alimentare quale l’anoressia o la bulimia.
Trascorre molto tempo nella sua camera, da solo, immerso in videogiochi o in programmi televisivi che gli evitino il contatto con la sua sofferenza, con il suo non sentirsi all’altezza delle richieste che gli fa il mondo esterno, non in grado di confrontarsi con i suoi coetanei né di soddisfare le aspettative dei genitori, impotente, vuoto, schiacciato dalla colpa per non essere abbastanza bravo, abbastanza bello, terrorizzato dalla possibilità di non piacere a nessuno, di non essere voluto da nessuno. Oppure non fa nulla. L’adolescente depresso non riesce a progettare il suo futuro.
Sempre coi nervi tesi, pronto a scattare per un nonnulla, annoiato, inquieto, attanagliato dal senso di vuoto, incapace di mantenere la concentrazione su un argomento, il suo rendimento a scuola cala e preferirebbe non andarci più.
A volte può difendersi da tutto ciò assumendo droghe o alcool o approdando ad altri comportamenti a rischio. Può procurarsi dei tagli o farsi delle bruciature con le sigarette.
Per alcuni adolescenti, soprattutto se è stato già commesso da un coetaneo loro amico o da un parente e se in famiglia sono presenti conflitti molto aspri dei quali si ritengono responsabili, il suicidio appare l’unica via d’uscita da un dolore insopportabile, da una solitudine senza rimedio, da una depressione insanabile.
Il suicidio in cui la depressione a volte sfocia è per gli adolescenti maschi la terza causa di morte (la prima sono gli incidenti stradali, la seconda i tumori).
Oltre a questi, altri elementi possono legarsi alla decisione di suicidarsi e sono dunque utili per prevenire un tale gesto. In particolare:
- atteggiamento molto critico verso se stessi e la vita;
- una morte recente in famiglia;
- uso di sostanze;
- comportamento aggressivo o impulsivo;
- una storia famigliare con depressione ricorrente;
- una storia di abuso e violenza in famiglia;
- minacce e/o tentativi di suicidio;
- dichiarazioni scritte e/o verbali che riguardano la morte, l’intenzione di morire, l’assenza di voglia di vivere (ad esempio, “vorrei addormentarmi e non svegliarmi più”);
- attrazione per la morte e il morire;
- disfarsi delle cose più care o lasciare le proprie volontà.
Questi fattori di rischio e le poche risorse personali e sociali che il soggetto ha per affrontare la sua depressione fanno sì che eventi come una discussione molto accesa, una bocciatura a scuola, una delusione sentimentale siano vissuti come insostenibili: per far fronte a essi la morte appare l’unica soluzione. Questi eventi sono come l’urto che manda in frantumi una lastra di vetro già scheggiata. Far finta di nulla non risolverà la situazione.
È abbastanza raro che un tentativo di suicidio venga fuori dal nulla o che una depressione sia del tutto invisibile. Gli elementi elencati sopra, una estrema tristezza, l’isolamento, le difficoltà scolastiche, le anomalie del sonno sono tutti segnali d’allarme che genitori e insegnanti non dovrebbero sottovalutare.
Sebbene sia difficile e gravoso farlo, parlare con l’adolescente depresso è l’unica strategia con cui aiutarlo: da solo l’adolescente può non riuscire a riflettere su quanto gli accade e, per raccontarlo a se stesso e a un’altra persona, ha bisogno di sentirsi sostenuto. Ha bisogno di sentire che le sue idee e le sue emozioni hanno una dignità e vengono accolte, senza essere minimizzate o messe in ridicolo.
Quando la sofferenza dell’adolescente è talmente grande da non essere contenibile neanche dai genitori, è necessario l’intervento di un professionista, psicologo o neuropsichiatra infantile, che consenta all’adolescente di riprendere il suo cammino di crescita.
La difficoltà maggiore che si incontra in questi casi consiste proprio nel rischio di non riconoscere la situazione come uno stato di depressione. Una volta che si identifica il problema e si arriva a chiedere aiuto, normalmente gli interventi terapeutici risultano efficaci. Per raggiungere questo obbiettivo è utile che genitori, insegnanti e figure di riferimento siano sempre attenti ai possibili segnali che mandano i ragazzi. Quando gli adolescenti si trovano ad affrontare una depressione, i genitori e i familiari rappresentano sempre una risorsa preziosa.
Nel caso di adolescenti con disturbi dell’umore, è utile tener in considerazione che, nella genesi del disturbo, possano subentrare una serie di fattori che funzionano come con-cause rispetto all’istaurarsi del problema: le caratteristiche del contesto familiare, la storia personale dell’adolescente, il rapporto che questo ha con le sue figure di riferimento. Un lavoro terapeutico familiare può quindi portare a ristabilire la serenità individuale del ragazzo e contemporaneamente quella familiare, attraverso un lavoro di comprensione, elaborazione e cambiamento di alcune dinamiche relazionali che alimentano il problema. Tale tipo di approccio al problema permette di modificare alcune premesse familiari, che seppur durante l’infanzia avevano funzionato in modo soddisfacente, adesso invece, in adolescenza, è spesso necessario mettere in discussione, tenendo comunque presente che, se per certi versi i figli reclamano autonomia, per altri sono ancora bisognosi di cure ed attenzioni, a volte ancora più intensamente che nelle fasi precedenti.